La doppia deportazione
La doppia deportazione dal carcere di Sulmona
I primi "slavi" condannati per attività antifasciste - sloveni e croati provenienti dalle zone integrate nel Regno d'Italia dopo la prima guerra mondiale - arrivarono nella casa penale di Badia di Sulmona già nella seconda metà degli anni '20. Il loro numero tuttavia lievitò con l'attacco dell'Italia alla Jugoslavia e la conseguente occupazione di ampie aree del paese. Nell'estate del 1943 vi si trovavano, oltre a italiani e greci, numerosi detenuti politici provenienti dalla Slovenia, dalla Dalmazia e dal Montenegro, ma anche, in misura minore, dalla provincia del Carnaro.
Il profilo dei detenuti
Fin dalla creazione del Governatorato della Dalmazia, la città di Spalato offrì una strenua resistenza alle forze di occupazione italiane, che si espresse sia in chiave antifascista che in chiave anti-italiana, in particolare in seguito alle misure di italianizzazione forzata messe in atto nelle istituzioni pubbliche. Numerose furono le condanne del Tribunale speciale della Dalmazia di Šibenik (Sebenico) per attività antifascista a carico di giovani spalatini che, dopo un periodo di detenzione di alcuni mesi nelle prigioni cittadine, furono inviati in carceri italiane, tra cui quella di Sulmona. Alcuni di loro furono arrestati per generiche attività antifasciste, altri per azioni specifiche di lotta resistenziale. Marin Ferić, per esempio, fu arrestato come partigiano sulla montagna Mosor e condannato all'ergastolo1. Bruno Dumanić, invece, fu condannato per l'attentato in via Tartaglia contro l'orchestra militare italiana2, uno degli episodi principali della resistenza antifascista a Spalato. Ideato da Rade Končar, allora segretario del comitato centrale del Partito dei comunisti della Croazia, l'attacco, che si inseriva in un clima di tensione permanente, portò al ferimento di decine di militari italiani - oltre ai civili - e fu seguito il giorno successivo da 143 arresti3.
Gli altri prigionieri croati presenti nelle carceri di Sulmona provenivano dalla provincia del Carnaro, un'altra zona che si distinse per una forte attività antifascista, e arrivavano in genere a Sulmona a seguito di una condanna da parte del Tribunale militare italiano della II armata di Sušak7. Non in tutti i casi gli arrestati, secondo le dichiarazioni rese da loro stessi o dai familiari, erano stati realmente coinvolti in attività antifasciste. Il 1º maggio 1942 Ivan Žanić si trovava in chiesa per la messa del santo patrono a Novi Vinodolski, quando vennero distribuiti volantini partigiani per le strade. Gli italiani, che non erano stati avvisati della celebrazione, si insospettirono, convincendosi che i responsabili fossero da cercare tra coloro che assistevano alla funzione. Dopo aver perquisito i presenti e il luogo di culto, arrestarono Žanić come sospettato e dopo una ventina di giorni lo trasferirono a Fiume, dove fu condannato dal Tribunale della II armata a 4 anni di carcere e da qui trasferito prima a Udine e poi a Sulmona8.
L'attività politica in carcere e i piani di fuga
La forte politicizzazione dei detenuti jugoslavi ebbe come conseguenza una intensa attività antifascista. Tra le mura del carcere esisteva un'efficiente rete politica comunista, con collettivi organizzati nelle celle che riunivano 20-25 persone ed elaboravano piani d'azione in accordo con le mutate circostanze politiche esterne12. All'interno di queste cellule militavano gli spalatini Ante Cinotti e Mario Vidjak, Vojo Masnikosa di Ivoševci, nella Bucovizza, regione dell'entroterra croato, e Mohamed Musić di Bjelopolje, nella Lika. Cinotti entrò anche a far parte del Comitato esecutivo del carcere, insieme a Giancarlo Pajetta e a Giuseppe Rossi13. Sebbene si trattasse di un carcere di lavoro, i detenuti jugoslavi in genere si rifiutavano di effettuare qualsiasi attività che sarebbe andata a vantaggio dell'occupante14.
Nel frattempo, secondo la testimonianza di Cinotti, che era entrato a far parte del Comitato jugoslavo del carcere, gli jugoslavi prepararono un'azione per l'evasione e contemporaneamente intrecciarono dei negoziati con un emissario di un generale britannico in veste di rappresentante di un adiacente campo per prigionieri di guerra del Commonwealth. Gli jugoslavi, che espressero l'intenzione di volersi battere in Italia contro i tedeschi, ebbero l'impressione che gli inglesi, una volta compreso di aver a che fare con dei "titini" e non con dei cetnici filomonarchici, volessero prolungare i negoziati allo scopo di consegnarli ai tedeschi. All'ultimo pianificarono una fuga dal carcere che però fallì a causa dei criminali comuni19. Costoro, diffidando dei detenuti politici, anticiparono i loro piani, cercando di sfondare il cancello di ingresso e successivamente si diressero verso l'ufficio del direttore. Qui i secondini reagirono sparando, lasciando sul terreno 5 morti e 7-8 feriti. A breve i tedeschi arrivarono, misero un blindato all'entrata del carcere e riportarono tutti i detenuti all'interno delle celle20. Le guardie del carcere nel frattempo si erano dileguate al pari dei prigionieri del Commonwealth. I detenuti non si arresero neppure dopo che i tedeschi ebbero preso il controllo del carcere. Per esempio progettarono di attaccare le guardie nel momento del trasferimento ai convogli che li avrebbero portati in Germania. Ma, avendone avuto probabilmente intuito il loro piano, i tedeschi li condussero fuori dal carcere a piccoli gruppi intervallati da detenuti comuni21. Lo spalatino Ante Ivanisević, che, immobilizzato da una frattura a una gamba, assistette alla partenza dei compagni, ricorda che il direttore del carcere si rifiutò inoltre di restituire ai prigionieri il denaro di loro proprietà, un altro esempio dell'atteggiamento vessatorio delle autorità italiane22.
La deportazione
L'8 ottobre poco meno di 200 prigionieri jugoslavi, insieme ad alcune decine di prigionieri greci e ai detenuti comuni italiani - secondo Melodia oltre 400 persone - furono deportati dai tedeschi attraverso il Brennero verso Dachau, dove arrivarono il 13 ottobre 194323. Durante il viaggio, che durò 5 giorni, i prigionieri furono stipati all'interno di vagoni chiusi e privi di servizi igienici. Solo in alcune fermate furono riforniti di acqua, mentre rimasero praticamente durante tutto il tragitto privi di cibo, se si eccettua una piccola quantità di pane distribuita ad alcuni prima della partenza. Secondo una testimonianza, durante alcune soste del treno, la Croce Rossa avrebbe distribuito cibo, ma solo a prigionieri di guerra alleati24. Nonostante il controllo, tuttavia, almeno un deportato riuscì a fuggire e si unì alla resistenza italiana25.
Dachau
All'arrivo del trasporto a Dachau, i prigionieri furono costretti a sottoporsi alla disinfezione, al controllo medico e al disbrigo delle procedure burocratiche e fecero subito esperienza di maltrattamenti e violenze. Una metà circa di coloro che arrivarono a Dachau con il trasporto del 13 ottobre vi rimase, mentre l'altra metà fu inviata a Buchenwald e poi spesso da qui in altri campi. Velimir Milković fu tra coloro che a Dachau trascorsero tutto il periodo di prigionia. Secondo quanto ha egli stesso riferito alle autorità jugoslave al suo ritorno in patria, Milković fu subito indirizzato al lavoro nella fabbrica D.A.W.W.W., di proprietà delle SS. Si trattava di un grande laboratorio di falegnameria, dove i prigionieri lavoravano di frequente oltre le 12 ore al giorno, a fronte di una piccola quantità di pane e di una zuppa allungata a mezzogiorno e alla sera. Un simile trattamento portò in breve al deperimento dei detenuti, alcuni dei quali arrivarono a pesare 40 kg. I maltrattamenti e le malattie decimarono i prigionieri. Alla fine del 1944 a Dachau scoppiò un'epidemia di tifo, alla diffusione della quale avrebbero contribuito in modo determinate le decisioni dei medici al servizio delle SS. Infatti, sebbene i medici presenti tra i prigionieri avessero raccomandato di isolare il reparto contagiato dal tifo, costoro decisero di scioglierlo, distribuendo i prigionieri nei diversi blocchi, con il risultato di diffondere l'epidemia. Molti dei responsabili dei trattamenti inumani riservati ai prigionieri sarebbero poi stati condannati a morte dalle autorità angloamericane dopo la liberazione del campo26.
Buchenwald
Un centinaio di deportati jugoslavi provenienti dal carcere di Sulmona, dopo tre settimane di quarantena trascorse a Dachau, fu inviato al campo di Buchenwald, dove arrivò il 30 ottobre 194327. Secondo la testimonianza di Ivan Voljč, nativo di Lubiana, gli jugoslavi furono uniti a un trasporto di circa 2.000 persone, all'interno del quale si trovavano ucraini e internati militari italiani28. A Buchenwald confluirono anche altri "doppi deportati" jugoslavi provenienti da carceri e campi fascisti, come Perugia e Renicci, oltre a numerosi altri civili deportati dai tedeschi dall'Istria e da Trieste, composti in prevalenza da simpatizzanti o attivisti della resistenza. Dalle liste nominative si evince il totale di 3.872 jugoslavi transitati nel campo di Buchenwald, ma secondo alcuni studiosi questa cifra sarebbe da intendere per difetto29.
Gli altri campi
Per altri, Buchenwald fu solamente una delle molteplici stazioni di transito. Bogomir Linić, per esempio, dopo Buchenwald, trascorse due mesi e mezzo a Colonia per poi essere trasferito in Francia a Calais e nella cittadina di Hesdin, dove lavorò alla fabbricazione dei torpedo. Di qui passò per Osnabrück, di nuovo Buchenwald, dove rimase fino alla fine del 1944 e, transitando per un campo di cui Linić non ricorda il nome, deportato nelle cittadine polacche di Walhau e Breslavia, dalle quali fu inviato infine alla prigione di Brandeburg-Görden, presso la località di Brandeburg an der Havel, dove si trovava al momento della liberazione da parte dell'Armata rossa32.
Anche Branko Vidan fu assegnato ai lavori forzati in diverse città francesi e tedesche, per finire a Gardelegen. Qui i prigionieri provenienti da diversi campi che gravitavano intorno a quello di Dora-Mittelbau - dove erano impiegati in fabbriche sotterranee - furono fatti confluire in seguito all'avanzare delle truppe33. A Gardelegen i prigionieri erano sottoposti per 12 ore al giorno a lavori massacranti, nelle cave di pietra o nello sgombero delle macerie nelle città bombardate. I giorni che condussero alla liberazione furono segnati da una vicenda particolarmente drammatica, passata alla storia come il massacro di Gardelegen. Qui il 13 aprile 1945, un giorno prima che le truppe statunitensi raggiungessero la località, oltre un migliaio di deportati furono rinchiusi dentro un capannone che venne cosparso di benzina e incendiato, mentre le SS e i membri di altre organizzazioni naziste locali sparavano addosso a coloro che cercavano di scappare34. Fu testimone di questo massacro Branko Vidan, uno dei pochi sopravvissuti. Secondo i dati forniti dal memoriale di Isenschnibbe Gardelegen di 1.180 prigionieri ne morirono 1016. Uno di questi fu Dionizo Sirotković, partigiano spalatino condannato all'ergastolo dal Tribunale speciale di Šibenik, e transitato per le carceri di Sulmona, e poi per i campi di Dachau, Buchenwald, Colonia, per essere poi trasferito sul territorio della Francia occupata (Amiens, Albertville e Ars). Dopo lo sbarco in Normandia fu riportato in territorio tedesco, inizialmente a Dora e a Mackenrodte per poi finire a Gardelegen35.
I sopravvissuti alla doppia deportazione attraverso il carcere di Sulmona iniziarono a ritornare in Jugoslavia dal giugno 1945. Alcuni di loro erano tuttavia stati liberati in precedenza grazie all'intervento della Croce Rossa36. L'estrema frammentazione dei loro percorsi di deportazione rende al momento impossibile una stima attendibile del numero dei sopravvissuti.
Francesca Rolandi (2018)
Dichiarazione di Pero Dumanić, Archivio di stato di Spalato, Spalato, Gradska komisija za ispitivanje zločina okupatora i njihovih pomagača [Commissione cittadina per l’indagine sui crimini degli occupanti e dei loro collaboratori], HR-DAST-412, 1944, k. 2, 1944.
Izvješće Srednje Tehničke Škole u Splitu [Relazione sulla Scuola media tecnica di Spalato], Archivio di stato di Spalato, Spalato, Gradska komisija za ispitivanje zločina okupatora i njihovih pomagača [Commissione cittadina per l’indagine sui crimini degli occupanti e dei loro collaboratori], HR-DAST-412, 1945, k. 10.
Izvješće Srednje Tehničke Škole u Splitu [Relazione sulla Scuola media tecnica di Spalato], Archivio di stato di Spalato, Spalato, Gradska komisija za ispitivanje zločina okupatora i njihovih pomagača [Commissione cittadina per l’indagine sui crimini degli occupanti e dei loro collaboratori], HR-DAST-412, 1945, k. 10.
Biblioteca della Casa della Memoria e della Storia, Fondo Archivio Giovanni Melodia; Đuro Đurašković, Nikola Živković, Jugoslovenski zatočenici u Italiji 1941-1945, Beograd, Institut za savremenu istoriju, pp. 98-99.
Carlo Spartaco Capogreco, I campi del duce: l’internamento civile nell’Italia fascista, 1940-1943, Torino, Einaudi, 2006, pp. 171-172.
Đuro Đurašković, Nikola Živković, Jugoslovenski zatočenici u Italiji 1941-1945, Beograd, Institut za savremenu istoriju, pp. 98-99.
Biblioteca della Casa della Memoria e della Storia, Fondo Archivio Giovanni Melodia; Giovanni Melodia, La quarantena. Gli italiani nel lager di Dachau, Milano, Mursia, 1971, p. 38. Secondo la ricostruzione fatta da Aldo Pavia, il convoglio partito dal carcere di Sulmona era composto da 391 persone: 9 antifascisti italiani, 151 detenuti comuni ed ergastolani, il resto jugoslavi e greci. Aldo Pavia, I grandi della deportazione: Giovanni Melodia, cit.
Dichiarazione di Velimir Milković, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, “Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina - Sušak” [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 32.
Dichiarazioni di Frano Mihaljević e di Ante Kuzmanić, Archivio di Stato di Spalato, Spalato, Gradska komisija za ispitivanje zločina okupatora i njihovih pomagača [Commissione cittadina per l’indagine sui crimini degli occupanti e dei loro collaboratori], HR-DAST-412, 1945, k. 10.
Dichiarazione di Bogumil Linić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina - Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 28.
Dichiarazione di Branko Vidan, Archivio di Stato di Spalato, Spalato, Gradska komisija za ispitivanje zločina okupatora i njihovih pomagača [Commissione cittadina per l’indagine sui crimini degli occupanti e dei loro collaboratori], HR-DAST-412, 1945, k. 10, 361.
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.