Avgust Pirjevec (1887-1943)
Un intellettuale sloveno ucciso dai campi di concentramento fascisti e nazisti
Bibliotecario, lessicografo e storico della politica e della letteratura, lo sloveno Avgust Pirjevec era un apprezzato intellettuale cosmopolita e plurilingue quando nel 1943 le persecuzioni fasciste posero violentemente fine alla sua carriera e alle sue attività.
Il 9 maggio, una domenica, gli occupanti italiani lo arrestarono a Lubiana nell'abitazione del dottor Munc, da cui egli era in visita. Attivista del Fronte di liberazione (OF), la principale organizzazione politica della resistenza antifascista slovena, Pirjevec fu portato dapprima nel carcere del Coroneo a Trieste, in seguito nel campo di concentramento fascista per prigionieri civili di Cairo Montenotte, e da qui nel campo di concentramento nazista di Mauthausen, in Germania.
Morì nel campo di concentramento di Gusen nel dicembre del 1943.
Gli antefatti
Al momento dell'arresto, Avgust Pirjevec aveva 56 anni, era sposato e padre di due figli ormai adulti. Era un affermato capo bibliotecario della Biblioteca nazionale di ricerca (oggi Biblioteca nazionale e universitaria della Slovenia) conosciuto anche all'estero. Era nato da una famiglia slovena di Gorizia, a quel tempo una città multietnica della Monarchia asburgica nella quale si parlava l'italiano e il veneziano, lo sloveno, il friulano, il tedesco.
Si era laureato all'Università di Vienna nel 1913, dove aveva studiato filologia slava. Durante la Prima guerra mondiale aveva servito nell'esercito austroungarico, e dopo la smobilitazione, nel 1917, aveva insegnato sloveno e tedesco a Trieste.
Quando tuttavia il Litorale austriaco divenne parte del Regno d'Italia, il fascismo sconvolse la sua vita. Perse il lavoro, si trasferì a Lubiana, nell'allora Regno dei serbi, croati e sloveni, e trovò lavoro come professore. Tuttavia, presto ottenne un posto presso la Biblioteca nazionale distinguendosi come un intellettuale progressista e liberal-nazionalista.
Nel corso della Seconda guerra mondiale, il figlio Dušan (1921-1977) divenne un importante leader dei partigiani jugoslavi sloveni; la figlia Ivica, attivista del Fronte di liberazione del popolo sloveno, fu uccisa dai nazisti nel 1944. La nipote Alenka Pirjevec (1945) ha ereditato i documenti relativi agli arresti e gli internamenti subiti da Avgust tra il 1941 e il 1943 dalla nonna Zora Pirjevec.
Sappiamo di questi arresti e internamenti da una nota scritta a mano da Zora ritrovata in un contenitore di carta, in cima a una pila di 23 cartoline e lettere scritte da Avgust in italiano, sloveno e persino tedesco. Il primo di questi arresti ebbe luogo a Šentvid, un villaggio a nord-ovest di Lubiana, oggi parte della città, durante l'occupazione tedesca, ma a questo ne seguirono altri negli anni di occupazione italiana.
La corrispondenza sull'arresto del 1943
Dal carcere giudiziario del Coroneo di Trieste, Pirjevec scrisse brevi lettere in Italiano. Nelle prime tre, indirizzate a partire dal 14 maggio alla sorella e al fratello, si dice preoccupato per la moglie e la figlia. Le altre informazioni sono pratiche: ha bisogno di denaro per acquistare cibo e qualcosa da bere, e chiede che gli facciano avere biancheria (la più ordinaria e consumata), sapone, dei sandali, un costume da bagno, asciugamani e zoccoli. Undici giorni dopo l'arresto, riferisce di aver ricevuto il denaro (300 lire) e un pacco. A inviarlo è stato Danilo da Trieste. Ma ha ancora bisogno di biancheria.
Finalmente riceve un pacco da Lubiana e ne scrive alla moglie. Riceve regolarmente beni alimentari e denaro. In carcere, il cibo è poco: una zuppa al giorno con riso o “maccaroni” e 4 etti di pane. In carcere può acquistare formaggio o salame una volta alla settimana, patate due, “caffelate” un giorno sì e uno no, e vino ogni giorno. Chiede ripetutamente di Ivica, la figlia. Apprendiamo che è stata arrestata. Sollecita i familiari a inviare pacchi di cibo anche a lei.
Sappiamo ancora dalle lettere dal carcere che a fermarlo erano stati “organi dell'Ispettorato generale di pubblica sicurezza a Trieste” (lettera n.6 del 04-06-1943), e che era stato sottoposto a diversi interrogatori. A questo proposito scrive solo che questi non avevano “portato a nessuna conclusione”. Tutti i messaggi alla moglie si chiudono con le parole “Sono in salute e me la cavo bene”. Ma si preoccupa costantemente per le condizioni economiche della moglie e la situazione della figlia Ivica. Cerca di essere d'aiuto suggerendo di subaffittare una camera dell'appartamento di Lubiana e di recuperare denaro sfruttando i suoi contributi accademici precedenti all'internamento. Le difficoltà di comunicazione con la moglie sembrano pesargli molto.
Il campo di concentramento per civili di Cairo Montenotte
La corrispondenza dal campo di concentramento di Cairo Montenotte è più ampia. La prima cartolina, del 14 luglio, è in tedesco. Scrive: “Ho lasciato Trieste l'11 e sono arrivato qui il 12. Respiro di nuovo aria fresca, le notti sono piacevolmente fredde e le giornate ventose”. E poi chiede alla moglie che gli mandi una vecchia spazzola per vestiti, una valigetta, cartoline, un taccuino, ago e filo e altro ancora. In una cartolina chiede di contattare il rettore dell'università e il preside della sua facoltà perché sostengano che egli non era politicamente attivo all'università. Come egli stesso scrive, la loro parola avrebbe potuto favorire il suo rilascio.
Avgust Pirjevec scrisse altre cartoline o lettere da Cairo Montenotte, le ultime due nel corso della sua deportazione verso un campo di concentramento tedesco. Sappiamo così che riceveva denaro dai familiari che, trasformato in buoni, egli spendeva nello spaccio del campo di concentramento; che comprava pomodori, cipolle e frutta; e che aveva chiesto di ricevere vari oggetti di uso comune con i quali cercare di rendere le circostanze e l'internamento più facili, come abiti e il necessario per scrivere. Ciò di cui sentiva maggiormente la mancanza era tabacco, cartine e fiammiferi. Dice chiaramente che nel campo era tra i “Primorci” - i civili di nazionalità slovena dell'ex Litorale austriaco – e che ricevano per posta quel che volevano senza limiti.
I pasti riservati agli internati consistevano in caffè nero la mattina, un quarto di panino (meno ancora che in carcere), un mestolo di zuppa a pranzo e un altro la sera. Un medico del campo di concentramento riconobbe che soffriva di una forma leggera di tubercolosi, e gli prescrisse un quarto di litro di latte. Qualche tempo dopo Pirjevec si comprò iniezioni di calcio.
Una volta scrive di aver subito un torto. L'amministrazione del campo di concentramento aveva distrutto intenzionalmente le cartoline della moglie che egli aveva ricevuto in prigione. Questo evento deve averlo ferito gravemente poiché incoraggia ripetutamente la moglie a scrivergli ancora più spesso.
Come internato, ha il permesso di ordinare e acquistare beni dalla cittadina di Cairo Montenotte. Ordina una valigia.
Al pari di altri internati, non lavora. Gli manca la lettura. Il tempo trascorre lentamente, se non quanto nel campo si organizza un torneo di scacchi. Nella lettera n. 16 del 18 agosto, leggiamo che il campo di concentramento di Cairo Montenotte è uno dei migliori del paese. Due giorni dopo l'armistizio, nonostante le loro pressioni, non si consente ancora agli internati di lasciare il campo. Alla fine della cartolina n. 19 ordina telegraficamente ai familiari di non inviare più denaro. La situazione è incerta. Alla fine, l'esercito tedesco prende il controllo del campo.
Cairo Montenotte sotto il comando tedesco
Dai primi di settembre fino alla partenza, l'8 ottobre, del treno che lo avrebbe portato in Germania, Avgust Pirjevec e gli altri internati vivono nell'incertezza. Le sue comunicazioni ai familiari sono costellate di congetture e domande. Dato che le cose sembrano non cambiare molto, chiede ancora a diversi destinatari tabacco, cartine per sigarette e fiammiferi.
Nella lettera n. 23 del 25 settembre, immagina la moglie chiedersi stupita perché ancora egli non sia a casa. Annunciato l'armistizio, gli internati si erano aspettati infatti l'immediata liberazione. Stando a quanto Pirjevec scrive, il comandante Passavanti [Pasquale Alessandro] sarebbe stato in attesa di ordini superiori. Di fatto attese fino all'arrivo dell'esercito tedesco. “Al campo sono arrivati molti ufficiali tedeschi ma non è stata presa alcuna decisione”, scrive. Quindi arrivarono due alti ufficiali superiori della Gestapo. “Siamo all'inizio di una nuova fase. Probabilmente ci interrogheranno sul perché siamo qui, controlleranno i nostri fascicoli di Trieste, o ci consegneranno al nuovo governo di Mussolini o per meglio dire alla nuova repubblica fascista”. Come si può vedere, tra gli internati dominano il disorientamento e l'incertezza.
Ma non avevano smesso di sperare nella smobilitazione del campo. Avgust Pirjevec era invece pessimista e prevedeva un altro lungo periodo di internamento. Formulava ipotesi: “I vecchi, i bambini e i malati torneranno a casa, gli uomini giovani e in buona salute saranno mandati a lavorare”. Scrive a lungo del denaro nel campo. Era chiaro che sarebbe stati lasciati senza soldi e che il denaro inviato dai parenti sarebbe rimasto nella mani degli ufficiali del campo.
In una lettera a Ida del 4 ottobre, leggiamo che a un certo punto alcuni internati avevano tentato la fuga, e attribuisce di nuovo la responsabilità di questo fallimento al comandante del campo. Sotto i tedeschi scrive: “Ciascuno di noi ha dovuto indicare un luogo in cui vorrebbe andare in caso di rilascio. Ho scritto Lubiana e Rovato”. Si interroga sul trasporto a casa. Come avrebbero fatto a organizzare il trasporto di 1300 prigionieri? Sarebbe riuscito a fermarsi a Rovato e a incontrare Ida? Gli avrebbero dato un documento di viaggio personale?
Scopriamo d'altra parte che i tedeschi permettevano agli internati di andare a Cairo Montenotte. Pirjevec ci andò una volta. Ne troviamo conferma in una cartolina alla figlia. Lì incontra una negoziante originario della cittadina di lingua slovena Tolmin, nella regione di Primorska o del Litorale, la stessa della sua città natale. Riesce presto a fare in modo di ricevere il denaro e i beni inviatigli da amici e parenti italiani all'indirizzo di lei a Cairo Montenotte.
Le ultime cartoline prima di Mauthausen
Le quattro ultime cartoline che Avgust Pirjevec spedì dal campo di Cairo Montenotte sono sorprendenti e sconcertanti. Gli era stato impedito di lasciare il campo di concentramento con i vecchi e i malati benché fosse stato ufficialmente dichiarato affatto da tbc, e annunciava la sua prossima partenza per una destinazione ignota: Como, Innsbruck o Linz. È ottimista e immagina di essere rilasciato presto.
L'8 ottobre, un venerdì, un gruppo di internati viene fatto partire dal campo in treno. Pirjevec è tra loro. Con una matita scrive le due ultime cartoline, una da Mantova e l'altra da Padova. Su quella da Mantova, leggiamo: “Tanti saluti sulla strada verso Innsbruck o Linz! Ho ricevuto pane e altri beni. Baci, A.”. L'ultima cartolina è stata inviata presumibilmente da Padova, poiché vi si legge: “Tanti saluti sulla strada che da Padova porta a Mauthausen, vicino a Linz sul Danubio. Avgust”.
La testimonianza di un ex internato
Avgust Pirjevec morì nel campo di concentramento di Mauthausen 68 giorni dopo il suo arrivo. Prima di quel giorno almeno due gruppi dei detenuti sloveni e croati arrivati con Pirjevec dal campo di Cairo Montenotte erano stati liberati da Mauthausen. Entro la fine del mese di gennaio del 1944 lo sarebbero stati tutti i prigionieri provenienti dal campo italiano ancora in vita.
Tra loro anche Alojz Kavčič, un internato ex dipendente della miniera di mercurio di Idrija che era stato vicino a Pirjevec sia a Cairo Montenotte sia a Mauthausen. Non appena ristabilitosi, nel 1944, scrisse, come promesso all'amico, una testimonianza in suo ricordo nella forma di una lettera indirizzata a Karl Pirjevec, il fratello di Avgust.
Ma dovettero trascorrere 29 anni prima che questa lettera comparisse nella sua interezza su un quotidiano sloveno (il TV 15) dal quale venne proposta come testimonianza del tempo di guerra. Fino ad allora era rimasta negli archivi della Lega dei comunisti della Slovenia. Oggi è conservata nell'Archivio di Stato della Slovenia. È una lettera non firmata: al loro rilascio da Mauthausen e i suoi sottocampi, la Gestapo aveva ordinato agli internati di non riferire nulla della loro vita nel campo di concentramento, e perciò Alojz Kavčič aveva preferito non rivelare la propria identità. Il testo descrive Avgust Pirjevec come una figura protettiva e importante per gli internati. Era morto il 18 dicembre e il giorno dopo bruciato nel forno crematorio del campo con altri 31 “compagni”.
L'internamento a Mauthausen
Dal carcere del Coroneo, Avgust Pirjevec aveva scritto a casa di essere in buona salute e cavarsela bene. In realtà, sia lui sia Alojz erano stati chiati durante i loro interrogatori. Alojz racconta a Karl che il fratello Avgust aveva lasciato la prigione spossato e debole. La lettera parla poco di Cairo Montenotte. Si fa dettagliata a partire dalla deportazione dal campo fascista l'8 ottobre. In principio, gli internati stipati nei carri bestiame del treno in viaggio verso la Germania sarebbero dovuti arrivare a Dachau. Il sovraffollamento di quel campo aveva costretto il treno a dirigersi a Mauthausen, dove era arrivato il 12 ottobre. Il giorno successivo, alcuni dei nuovi arrivati avevano raggiunto a piedi il campo di Gusen. Avevano subìto dall'inizio umiliazioni e torture da parte delle guardie polacche, descritte come criminali estremamente violenti. “Per alcuni giorni furono selvaggiamente violenti. Fummo obbligati a restare all'aperto quasi nudi dalla mattina fino a sera. Ci chiavano continuamente e maltrattavano a piacimento. Ci battevano con un bastone per nessuna ragione e se crollavamo a terra ci riempivano di calci senza pietà”. Dopo quattordici giorni di violenze e umiliazioni estreme un gruppo di internati fu mandato a lavorare nella cava, alla costruzione di nuove baracche o a svolgere altri lavori manuali. “Lì eravamo letteralmente schiavi!”.
Ad Avgust fu assegnato dall'inizio il ruolo di traduttore. La lettera racconta però che egli cadde subito in disgrazia presso il comandante di un blocco e i suoi aiutanti. Lo spostamento di Avgust nella cava di Kosten-Hofen, organizzato dai detenuti cechi, non cambiò la situazione. “Karl Fisher, uno zingaro polacco, il comandante lì, e il suo aiutante (il sottocomandanteì, il tedesco Otto Vouchenig) non potevano sopportare Avgust. Questi Avgust fu esposto perciò a umiliazioni verbali estreme e a violenze fisiche. Per quanto fosse stato nominato traduttore, dovette lavorare e trasportare pesanti massi di pietra.
Nel tentativo di aiutarlo, fu organizzato un secondo spostamento, questa volta a uno stabilimento della Steyr, oggi identificato come una fabbrica di armi, collocato all'interno del campo di concentramento. “Doveva trasportare ogni giorno pesanti pezzi di ferro. Era troppo faticoso per lui. Era estremamente debole”, scrive Alojz.
Il 16 novembre, arrivò da Berlino una commissione incaricata di controllare le condizioni di internamento dei prigionieri – cittadini del Regno d'Italia – arrivati da Cairo Montenotte. “Il comandante [italiano] pretese che noi, quelli di nazionalità slovena e croata, fossimo internati a Gusen in quanto pericolosi comunisti catturati nei boschi. (Si chiamava Passavanti questo comandante)”. Avgust fece da traduttore anche in questa occasione. Era molto debole. Ma rimase al servizio della commissione per sei-sette ore, perdendo anche la distribuzione del pasto.
Kavčič riferisce di aver incontrato la commissione il 7 dicembre. “Quella volta [Avgust Pirjevec] mi disse che stava male, che non tratteneva più i liquidi. Gli ho detto di cercare di riprendersi […] di provare a resistere fino al giorno in cui sarebbe stati destinati al lavoro civile fuori dal campo”.
Sappiamo che il primo gruppo di internati proveniente da Cairo Montenotte fu liberato quello stesso giorno. “Secondo la commissione, Pirjevec era troppo debole per affrontare il viaggio e stabilì che restasse al campo”. Alojz scrive poi che il primo gruppo di internati provenienti da Cairo Montenotte venne assegnato al servizio di protezione antiaerea dei vigili del fuoco di Linz. In quei giorni Avgust si trovava nell'ospedale del campo. “L'ultimo gruppo fu liberato il 24 gennaio 1944 – diretto a casa!”. In tutto si trattava di 360 internati, tutti pelle e ossa. Secondo Alojz, tre morirono durante il viaggio, e molti di più una volta a casa a causa di un'eccessiva ingestione di cibo.
Atrocità continue
Una parte significativa della lettera descrive il controllo suoi pidocchi. Era stabilito che gli internati dovessero ogni giorno denudarsi e sottoporsi a un noioso controllo dei pidocchi che degenerava regolarmente in botte con il bastone.
Capitava regolarmente che qualcuno perdesse conoscenza per il dolore. Se si trovavano pulci, vestiti e coperta venivano presi e sottoposti a qualche procedura di disinfezione. Così, se non c'era solidarietà, un prigioniero privo di forze e denutrito moriva di freddo nella notte invernale. Non solo non c'era riscaldamento nelle baracche. Si dovevano lasciare le porte spalancate. C'erano controlli quotidiani dell'igiene personale. La violenza era costante.
Secondo quanto racconta Kavčič, in 90 giorni – il periodo probabilmente più lungo trascorso da un ex internato di Cairo Montenotte a Mauthausen o Gusen –, dei 1250 sloveni e croati arrivati dal campo fascista ne morirono 250, nella maggior parte dei casi uccisi dalle botte o dalla fame.
La custode della memoria
E' Alenka Pirjevec (1945), figlia di Dušan e nipote di Avgust, la custode della memoria. La nonna Zora le è ha trasmesso il dovere del ricordo. “Mia nonna mi ha raccontato poco di lui. Ho immaginato che fosse difficile per lei parlarne. Neppure mio padre ne ha parlato molto.
Ho saputo cose generali, non i particolari”, mi ha raccontato Alenka. È stata la lettera di Avgust Kavčič a farle conoscere e “vedere” la vita di Avgust nel periodo del suo doppio internamento e nel lavoro forzato.
Sasa Petejan (2016)
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.