Velimir Milković
Prima dell'invasione della Jugoslavia da parte delle forze dell'Asse, Velimir Milković viveva a Sušak, cittadina dove era nato il 31 ottobre del 1921 e svolgeva la professione di fotografo. Venne arrestato dalle autorità italiane nel 1941, subì un processo e la detenzione nelle carceri di Sušak, Fiume, Trieste, Campobasso, Firenze e Sulmona, da dove – dopo l'8 settembre – i tedeschi lo trasferirono nel campo di concentramento di Dachau. Riuscì a sopravvivere all'internamento e alla guerra, sarebbe deceduto a Fiume nel 1995. Il 23 giugno 1945, poche settimane dopo il suo rientro in Jugoslavia, ripercorse la propria esperienza di fronte alla Commissione cittadina per i crimini di guerra di Sušak. Ecco la sua testimonianza1.
"Nel settembre del 1941 alle cinque meno venti del mattino si presentarono nel mio appartamento circa sette poliziotti italiani che mi invitarono a seguirli alla polizia2. Perquisirono la mia stanza, senza risultato. Mi portarono prima alla polizia di Sušak, dove venni interrogato da un brigadiere e da altri poliziotti. L’interrogatorio verteva sul fatto che volevano che riconoscessi di avere contatti con i partigiani e la mia attività politica nella città di Sušak. Allo contempo erano alla ricerca di informazioni su altre persone. Quando mi arrestarono mi incatenarono le mani e mi lasciarono in quello stato per l’intero giorno. I segni delle catene legate rimasero visibili sulle mie mani per gli otto mesi successivi. Dopo qualche giorno, e dopo esser stato interrogato altre volte dagli stessi uomini, venni trasferito con altri cinque compagni nelle carceri giudiziarie di Fiume. Nella prigione di Fiume rimasi per circa quaranta giorni e da lì venni trasferito nel carcere triestino del Coroneo, dove rimasi per altri sei mesi, ovvero fino al giudizio”.
“Verso la fine di aprile del 1943 [in realtà 1942, ndr] venne presentata l’accusa contro noi 140 imputati. Il processo si svolse a Fiume, di fronte al Tribunale della II Armata. Il consiglio dei giudici al processo era così composto: il presidente del tribunale era il Generale Vaccaro, il Procuratore di Stato era il Tenente Romeo, degli altri non ricordo il nome, so solo che tra di loro c’era un Maggiore cieco – di cui non riesco a ricordare il nome ora – e che era molto pericoloso. C’erano due interpreti, dei quali non conosco i nomi.
Il processo durò otto giorni. Per quasi tutto il tempo rimanemmo tutti 140 incatenati, noi imputati uomini. Per questa ragione il nostro stato d’animo e la nostra condizione fisica erano deboli e insostenibili. Nel processo venni condannato a otto anni di carcere, a cinque anni di perdita dei diritti d’onore e alla perdita definitiva dell’impiego pubblico. All’epoca non ero ancora maggiorenne”.
Secondo un testo pubblicato nel 1971 a Fiume dal Centro per la storia del movimento operaio e della guerra popolare di liberazione, Velimir Milković era membro dello SKOJ di Sušak, ovvero dell’organizzazione dei giovani comunisti jugoslavi. La cellula di cui faceva parte era stata fondata in occasione di una riunione nella sua abitazione3. Il dossier del Casellario politico centrale conservato presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma conferma la condanna di Milković per il reato di “assistenza e partecipazione di banda armata” a otto anni di carcere, due anni di libertà vigilata e all'interdizione perpetua ai pubblici uffici. La data della sentenza riportata nella documentazione italiana è il 26 marzo 19424.
Nel corso della deposizione Velimir Milković prosegue ricostruendo le successive tappe del suo internamento: “Dopo il processo venni condotto nella prigione di Capodistria. Qui venivamo costantemente provocati dal direttore del carcere, un avvocato, maggiore della Milizia di cui non ricordo il nome. Ci torturò con l’isolamento duro, costanti minacce, esercitava su di noi un terrore psicologico [...]. Rimanemmo a Capodistria per circa 45 giorni. Da Capodistria ci trasferirono nuovamente a Trieste, nella prigione dei Gesuiti, dove il sottufficiale del posto, guardiano della prigione, ci seviziava per la più semplice infrazione disciplinare. Da qui ci trasferirono nel carcere di Campobasso. Rimanemmo lì per circa 35 giorni, poi proseguimmo per Firenze, dove ci sistemarono nella prigione di S. Teresa. In prigione volevano farci fare il saluto fascista, per via del nostro rifiuto fummo seviziati. Nella prigione di Firenze ci maltrattò il medico della prigione, un commendatore di cui non ricordo il nome.
In quella prigione venivano seviziati i ragazzi, tutti tra i 16 e i 17 anni di età. Noi protestammo con uno sciopero della fame, dopo il quale accolsero immediatamente le nostre richieste e le sevizie nei confronti dei giovani si interruppero. A scopo precauzionale, in circa quaranta compagni ci trasferirono nelle carceri giudiziarie di Firenze, mentre alcuni altri compagni furono portati nella più famigerata prigione in Italia, a Porto Longone sull’isola d’Elba.
Il trattamento a Firenze era pessimo, e ciò nelle carceri giudiziarie. Il cibo era pessimo, non c’erano le condizioni igieniche, regnava la sporcizia. I pacchi privati che ricevevamo da casa erano sempre derubati. Per questi motivi i detenuti entrarono nuovamente in sciopero della fame, grazie al quale ottennero risultati positivi. Tuttavia, tutti coloro che avevano guidato lo sciopero vennero puniti con il trasferimento in diverse prigioni in Italia, che erano anche peggiori delle carceri giudiziarie di Firenze. Io fui mandato nella prigione di Sulmona, dove venni tenuto nel più duro isolamento. Quando venimmo a sapere della caduta dell’Italia cercammo di liberarci e aprimmo le porte delle celle, ma con nostra sorpresa i soldati italiani ci fermarono, pronti ad utilizzare le armi contro di noi”
Come in altre carceri italiane, a Sulmona il periodo intorno all’8 settembre fu particolarmente incerto e i tentativi da parte dei detenuti di riottenere la libertà finirono per essere impediti [vedi la scheda La doppia deportazione dal carcere di Sulmona].
“Il giorno 8 ottobre 1943 le autorità tedesche presero il controllo della prigione di Sulmona e spedirono tutti i detenuti attraverso il Brennero a Dachau. Viaggiammo pressati nei vagoni, che non vennero aperti fino alla fine del viaggio, ad eccezione di una volta, quando arrivammo in terra tedesca. In quell’occasione ci lasciarono uscire dal vagone e ci picchiarono con i fucili. Per i cinque giorni di viaggio ricevemmo come cibo 30dk (300 grammi) di pane e una piccola conserva di carne.”
Nell’indicare le responsabilità della deportazione in Germania dei detenuti, Milković sottolinea il contributo significativo del capo della prigione di Sulmona “l’avvocato Jean, conosciuto funzionario fascista, della parte settentrionale della Sicilia”.
Secondo i documenti conservati presso l'International Tracing Service in Germania Velimir Milković viene registrato a Dachau il 13 ottobre del 1943, ed è il prigioniero numero 56.6915. Comincia così il suo periodo di internamento nel campo tedesco, dove rimarrà fino a dopo la liberazione da parte dell’esercito statunitense.
“Già il primo giorno a Dachau cominciarono le sevizie, ci soggiogarono, ci colpirono con calci e pugni. Non appena arrivati passammo la disinfestazione, il controllo mendico, la trascrizione dei dati personali, in seguito ci mandarono al famigerato “Zugangsblock Nr.25”. A capo del block c’era un prigioniero politico di nome Sokolowsky, probabilmente di origini polacche, cittadino tedesco, che fu particolarmente spietato, poteva picchiare fino a cento persone al giorno. Il suo primo aiutante era Alfons Schulze, detenuto criminale, tedesco di nascita, e un altro capoccia del blocco di nome Willy, anche lui criminale comune, quindi il capo della terza stanza, il famigerato Martin.
Da questo Zugangsblock sono stato messo al lavoro in una fabbrica D.A.W./W.W. in un grande laboratorio di carpenteria, dove ho svolto diverse mansioni. Tra gli altri lavori, mi sono occupato anche di fotografare le SS che erano in servizio a Dachau. Il lavoro nel laboratorio era duro, la fabbrica era di proprietà delle SS, lavoravamo 12 ore al giorno e spesso anche di più. Il cibo nel lager era terribile e insufficiente, in particolare negli ultimi tempi, quando al giorno ricevevamo 18 dk (180 grammi) di pane, una minestra che aveva in tutto 300 calorie. La sera di nuovo una minestra, che aveva minore valore calorico di quella di mezzogiorno.
Io personalmente non venni seviziato, ma nei Zugangsblock vidi molte sevizie. Nel campo le persone si indebolivano fisicamente, tanto che alcuni non pesavano più di 40 kg. Verso la fine del 1944 si diffuse nel campo un’epidemia di tifo. Ogni giorno morivano molte persone. Inoltre le persone morivano per i maltrattamenti e per la debolezza fisica, molti arrivavano morti nei trasporti. Si può calcolare che dalla fine del 1944 alla liberazione il numero di decessi quotidiani raggiungeva i 120-150. Sottolineo che da parte delle SS non venne presa alcuna contromisura per evitare le malattie, al contrario si cercavano di diffondere diverse malattie. Ad esempio venne osservato che nel block n.24 si manifestavano giornalmente 5-6 nuovi casi di tifo. I prigionieri medici di quel block proposero al capo medico delle SS Dru Hintermayer di isolare quel block dagli altri. Il risultato fu che quel block venne chiuso e le persone vennero distribuite in tutti gli altri block tra i sani e i malati.
Alla fine dell’aprile del 1945 Dachau venne liberato dalla VII Armata americana. La situazione nel campo non cambiò di molto, il cibo rimase quello tedesco, in effetti di tanto in tanto un po’ migliore, ma ancora pessimo, molto al di sotto del cibo normale. Fin dal primo giorno gli internati, così sfiniti, affamati e malati, ricevettero dalle truppe sopraggiunte delle conserve di carne di produzione tedesca provenienti dai magazzini tedeschi che erano di bassa qualità e, inoltre, ebbero un effetto molto dannoso sugli esausti organismi degli internati. Per questa ragione molti si ammalarono gravemente, e un grande numero morì. In particolare perirono coloro che si erano ammalati di tifo e che avevano ottenuto questo cibo per goderne.
International Tracing Service ITS, Bad Arolsen, DE ITS 1.1.6.2 Archivnummer: 10206313
International Tracing Service ITS, Bad Arolsen DE ITS 0.1 Archivnummer: 41409412
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.