Prigionia e lavoro coatto degli internati militari italiani
Introduzione
La fine del Regio esercito italiano
La notizia dell’arresto di Mussolini e la sua sostituzione con il maresciallo Pietro Badoglio, arrivata il 25 luglio 1943, colse completamente di sorpresa i vertici nazisti che considerarono il colpo di stato come un vero e proprio tradimento, come espresso dall’ambasciatore Rudolph Rahn al Ministro degli esteri italiano Raffaele Guariglia il 25 luglio stesso.1 L’alto comando della Wehrmacht, che già da tempo stava approntando dei piani per reagire ad una eventuale uscita dell’Italia dalla guerra, completò e perfezionò il piano “Achse”, definito nelle sue linee essenziali per la fine di agosto. Il piano prevedeva il disarmo completo dei militari del Regio esercito e l’acquisizione di armi ed equipaggiamento, nella Penisola e all’estero.
Il 9 settembre, subito dopo l’armistizio, il piano “Achse” venne messo in atto. In Italia, in pochi giorni, a causa della fuga del re e del governo da Roma, e degli ordini incompleti e contraddittori emanati dagli alti comandi, i tedeschi riuscirono a disarmare completamente l’esercito e l’aviazione, mentre la flotta, pur con pesanti perdite, riuscì a prendere il mare e a consegnarsi agli inglesi nel porto di Malta.
Nei Balcani e nelle isole dell’Egeo, il disarmo dell’esercito fu più complesso, a causa della dispersione dei reparti e della maggiore resistenza opposta dai soldati italiani, ma anche in questi teatri in poche settimane la Wehrmacht ebbe la meglio. Complessivamente furono oltre un milione i militari fatti prigionieri dai tedeschi.
Secondo gli ordini emanati dal Comando supremo della Wehrmacht, i prigionieri dovevano essere trattati nel seguente modo: “Soldati italiani, che non siano disposti a continuare la lotta a fianco dei tedeschi, devono essere disarmati e considerati quali prigionieri di guerra. In un primo tempo questi saranno assunti in forza dal Capo reparto prigionieri di guerra del Comando Supremo della Wehrmacht. Successivamente, in collaborazione con il Plenipotenziario generale per l’impiego della manodopera, Fritz Sauckel, si dovrà reperire fra i suddetti prigionieri di guerra tutto il personale specializzato, da utilizzare ai fini dell’economia bellica e metterlo a disposizione del Plenipotenziario generale per l’impiego della mano d’opera.”2
Il 12 settembre un successivo ordine del Führer prevedeva che gli ufficiali di quei reparti che avessero resistito al disarmo, dovevano essere immediatamente passati per le armi. Si trattava quindi di ordini criminali, che non solo prevedevano l’uccisione di chiunque si fosse opposto ai voleri della Wehrmacht, ma anche l’utilizzo dei prigionieri di guerra a fini di lavoro per la produzione bellica, cosa espressamente vietata da tutte le leggi e convenzioni internazionali.
Nel giro di alcuni giorni l’esercito italiano si sfasciò completamente. I prigionieri di guerra presi in Italia, in Francia, nella ex Jugoslavia e in Grecia furono oltre un milione, concentrati prima in campi provvisori e poi trasferiti lentamente verso i lager in Germania e in Polonia. Solo dall’Italia, al giorno undici ottobre 1943 erano stati trasferiti al Nord delle Alpi 316.222 prigionieri;3 dai Balcani furono deportati 393.000 uomini.4 Complessivamente, nel febbraio del 1944, nei lager tedeschi erano presenti circa 620.000 internati italiani, provenienti dai vari fronti di guerra. Di questi, oltre a quelli provenienti dall’Italia, 144.599 venivano dalla ex Jugoslavia e 184.000 dalla Grecia. Altre migliaia furono utilizzati in loco dai vari comandi della Wehrmacht nei Balcani, in Unione Sovietica ed in Grecia.
Il 20 settembre 1943, lo status di prigionieri di guerra fu cambiato in Internati Militari Italiani (IMI), status che da una parte teoricamente migliorava le condizioni dei prigionieri, ma dall’altra permetteva l’utilizzo dei prigionieri stessi come manodopera coatta. A circa metà dicembre la massa dei prigionieri si vide impiegata nell’industria e nell’agricoltura.
Nell’autunno, a seguito di complesse trattative tra la Wehrmacht e il Ministro della difesa della Repubblica Sociale Italiana, maresciallo Rodolfo Graziani, le autorità fasciste ebbero la possibilità di tentare di reclutare dei volontari nei lager per inquadrarli nel nascente esercito della RSI. La campagna di reclutamento ebbe effetti molto scarsi. Ad ottobre, nonostante l’allettante promessa di tornare in Italia, risultavano arruolati soltanto circa 13.000 uomini, mentre circa poche migliaia si erano arruolati nelle SS. Lo scarso afflusso di volontari convinse i tedeschi che le “Badogliotruppen”, come spesso venivano sprezzantemente chiamati i soldati italiani prigionieri, non erano affidabili e potevano essere utilizzati unicamente come lavoratori forzati. Al 15 novembre 1943 la possibilità di arruolarsi volontariamente venne definitivamente preclusa per ordine del Comando supremo della Wehrmacht.5
La deportazione e il lavoro coatto
Il trasferimento verso i lager in Germania e in Polonia fu effettuato in condizioni estremamente dure per i prigionieri. Rinchiusi in carri bestiame sovraccarichi, a volte su carrozze scoperte, i prigionieri furono costretti a viaggi che potevano durare settimane: “Nel mio vagone (era un treno merci) eravamo quaranta, quasi tutti romagnoli, con alcuni toscani, pugliesi e veneti. Accomodati su due pareti del vagone, i piedi di ciascuno si ponevano esattamente sulla faccia di quello che gli stava di fronte, e viceversa. Si strillava, si scalciava e si faceva di tutto. In quelle condizioni, a tetto scoperto, girammo per mezza Europa fini ai confini con l’Olanda, in un viaggio che durò diciassette giorni.”6
Per migliaia di soldati presi prigionieri in Grecia la sorte fu ancora peggiore. Furono imbarcati su navi da carico per essere trasferiti via nave, ma alcune di queste furono silurate nel corso del viaggio, e più di 13.000 soldati trovarono la morte in questo modo nel mare Egeo.7
Una volta arrivati a destinazione, i prigionieri venivano rinchiusi in un campo di transito dove venivano fotografati e schedati, e poi inviati nei campi definitivi. I soldati italiani furono rinchiusi in 248 lager, la grande maggioranza dei quali si trovava in Germania e in Polonia. Alcuni prigionieri furono invece rinchiusi in altri campi in Jugoslavia, Grecia, Francia e Unione Sovietica.
L’alloggiamento era in baracche per prigionieri di guerra, sovraffollate e luride. Una volta arrivati nel campo definitivo, il prigioniero (o internato militare), veniva assegnato ad una fabbrica oppure ad una compagnia di lavoro, e gli veniva consegnato un tesserino di riconoscimento.
Secondo una statistica dell’agosto 1944, la maggioranza degli internati fu destinata al lavoro per l’industria bellica (199.143 uomini). Gli altri furono distribuiti all’industria mineraria (43.684); all’industria alimentare e agricoltura (41.111); all’industria pesante (36.145); all’edilizia (54.554); alle ferrovie (22.264). Circa altri 23.000 furono distribuiti tra le poste, alle squadre di carico e scarico, a richiedenti civili eccetera.8
L’orario di lavoro ufficiale variava tra le 50 e le 65 ore settimanali, con un solo intervallo, in genere di mezz’ora, per il pasto. Nelle fabbriche, nelle miniere e nell’edilizia non vi era praticamente alcuna attenzione alla sicurezza, e anche i servizi medici erano rudimentali o addirittura completamente assenti. L’alimentazione era assolutamente insufficiente, e molti riuscirono a sopravvivere soltanto grazie ai pacchi viveri che provenivano dalla Croce rossa, oppure da altre istituzioni, come la Chiesa cattolica italiana.
Con il progredire della guerra, ed il peggioramento delle condizioni in tutta la Germania, le razioni già scarse diminuirono ulteriormente.9 La fame continua, spesso insopportabile, fu l’esperienza quotidiana degli Internati. Oltre alla fame, alle condizioni durissime del lavoro, la sofferenza degli Imi era aggravata da una disciplina durissima imposta sia dalle varie polizie tedesche, sia da sorveglianti pagati dalle aziende.
I lavoratori rischiavano continuamente di essere aggrediti da sorveglianti e capisquadra per il minimo sospetto oppure soltanto per un ritardo sulla produzione. “Le punizioni erano spesso il risultato delle incontrollate esplosioni di violenza dei superiori, che agivano in uno stato di forte eccitazione e colpivano – fatto, questo, che conferma il carattere impulsivo delle brutalità – servendosi di attrezzi, sbarre di ferro o pezzi di legno che trovavano sul posto di lavoro.”10
Le condizioni più dure erano sicuramente quelle dei lavoratori costretti nelle miniere. “La giornata cominciava sempre alle quattro del mattino e finiva alla notte, con le ossa rotte, gli urli dei tedeschi, lo spauracchio dei capi della miniera, che s’annunciavano dal mistero della galleria con quelle lampade che gli pendevano dal collo sul petto.”11
In generale, le pessime condizioni degli IMI era dovuta ad una politica che, soprattutto all’inizio, intendeva “punire” i soldati italiani “traditori”. In seguito si cercò di attenuare questo atteggiamento punitivo, al fine di sfruttare meglio la forza lavoro, ma con il peggioramento complessivo della situazione alimentare e dei trasporti in tutta la Germania, tali politiche ebbero successi solo parziali.
Anche con la trasformazione degli IMI in lavoratori liberi, avvenuta nell’agosto del 1944, e con il loro cambiamento di status, le condizioni lavorative, la disciplina e soprattutto le razioni non migliorarono in maniera sensibile. “Alcuni dei miglioramenti introdotti dal passaggio di status – una maggiore libertà di movimento, migliori condizioni salariali e minori vessazioni – durarono solo qualche mese. La sempre più drammatica situazione bellica, il progressivo prolungamento dell’orario di lavoro e le distruzioni degli alloggi e delle vie di comunicazione causate dai massicci bombardamenti alleati peggiorarono a tal punto le condizioni di vita degli ex internati che i limitati benefici ottenuti in virtù del trasferimento svanirono rapidamente.”12
A causa di maltrattamenti, malattie, malnutrizione e talvolta per fucilazioni, morirono 19.714 militari all’interno dei confini del Reich, dei quali 18.502 soldati, 599 sottufficiali e 402 ufficiali.13
Gerhard Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945. Traditi – disprezzati – dimenticati, Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1992, p.117
Gerhard Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945. Traditi – disprezzati – dimenticati, Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1992, pp. 120-121
Gerhard Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945. Traditi – disprezzati – dimenticati, Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1992, p. 314.
Lutz Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia, Bollati Boringhieri, Torino, 1997, p.39.
Lutz Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia, Bollati Boringhieri, Torino, 1997, p. 273.
Adler Raffaelli, Fronte senza eroi, Anei, Roma, s.d., p.18.
Giuseppe Mayda, Storia della deportazione dall’Italia 1943-1945, Bollati Boringhieri, Torino, 2002, p.317.
Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania, Il Mulino, Bologna, 2004, p.92, tab. 3.2
Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania, Il Mulino, Bologna, 2004, p.129.
Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 189.
Adler Raffaelli, Fronte senza eroi, Anei, Roma, s.d., p.18.
Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 311.
Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 379.
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.