La doppia deportazione
Dal carcere di Capodistria al lavoro forzato a Neuengamme
Negli anni della seconda guerra mondiale il carcere di Capodistria rappresentò uno dei principali centri di transito per i detenuti politici arrestati nei territori ex-jugoslavi sotto controllo italiano1.
Da Capodistria i detenuti venivano generalmente smistati in altre strutture sul territorio del Regno d'Italia, a seconda dei casi in carceri (ad esempio a Firenze o a Bologna) o in campi di detenzione (come Cairo Montenotte). L'8 settembre del 1943, al momento dell'armistizio, molti tra coloro che erano stati arrestati nei mesi precedenti si trovavano tuttavia ancora a Capodistria. Le forze tedesche giunte in città nei giorni successivi inviarono la gran parte dei detenuti al lavoro forzato nei campi della Germania, in particolare verso il campo di concentramento di Nuengamme, nei pressi di Amburgo.
Gli arresti e i processi
Le vittime di questa doppia deportazione furono in molti casi giovani, arrestati dalle autorità italiane in occasione di rastrellamenti e arresti messi in atto nel corso del 1943. Una retata particolarmente ampia, ad esempio, si registrò a Sušak nei primi giorni di maggio. Secondo una testimonianza, le autorità italiane erano in cerca dei responsabili della diffusione di alcuni volantini nella cittadina occupata2. Il movimento di liberazione a Sušak si rafforzava e le iniziative di propaganda antifascista erano diventate più frequenti in quei mesi3. Nell'arco di pochi giorni vennero arrestati numerosi studenti e giovani lavoratori, spesso prelevati dai carabinieri o dalla polizia di Sušak sul posto di lavoro (ad esempio alla cartiera o al cantiere navale), per strada o dalle proprie abitazioni nelle ore notturne. Altri provarono la fuga senza successo, come ricorda uno degli arrestati: "venni a sapere che si svolgevano arresti di massa a Sušak, in particolare tra i miei compagni, quindi fuggii da casa, ma non arrivai nemmeno nei pressi di Sv. Ana vicino a Sušak, quando cinque carabinieri mi arrestarono"4.
Gli arrestati venivano in un primo momento detenuti nelle locali stazioni di polizia. Secondo quanto riportato dalle testimonianze, nel corso di questa prima detenzione spesso subivano violenze e maltrattamenti. Accusati di sostenere il movimento partigiano, erano sottoposti a duri interrogatori volti a ottenere riconoscimenti di colpevolezza e a raccogliere informazioni. Secondo una testimonianza, il detenuto veniva interrogato "per capire se era membro del movimento, se aveva legami con i partigiani, se li aveva aiutati, chi frequentava a Sušak, con chi, dove e quando teneva incontri "segreti". Gli venne richiesto di indicare i partigiani o i loro simpatizzanti che avrebbe potuto riconoscere a Sušak e dintorni"5.
Dopo alcune settimane i detenuti venivano chiamati a giudizio, spesso in occasione di grandi processi collettivi che raccoglievano decine di imputati. Alcuni dei processi che si svolsero nel corso del 1943 furono particolarmente imponenti e contribuirono significativamente a riempire le celle del carcere di Capodistria. Tra questi, ad esempio, il processo che si svolse presso il Tribunale della II Armata di Fiume a partire dal 7 luglio 1943 contro 79 persone - delle quali 28 latitanti - "imputati tutti di propaganda eversiva /art 5 Bando 3/X/1941/ perché nelle rispettive residenze di Sussa, Bascavalle di Vegli, Skrljevo, Svilno di Sebenico dagli ultimi mesi del 1942 ai primi di maggio 1943 svolgevano opera di apologia delle bande ribelli"6. Il processo durò tre giorni e portò a condanne che andarono da uno a più di dieci anni di carcere. Come spesso capitava, anche alcuni tra coloro che risultarono assolti vennero trattenuti in carcere7. La prima destinazione fu per tutti la prigione di Capodistria.
Nel carcere di Capodistria
L'edificio che ospitava la prigione di Capodistria risaliva all'inizio del XIX secolo. Costruito in epoca austroungarica come centro detentivo, venne reimpiegato con la stessa funzione dal Regno d' Italia e in epoca fascista, per poi diventare durante la Seconda guerra mondiale un importante centro di transito verso altre prigioni italiane.
La vicinanza del carcere di Capodistria ai territori occupati permetteva ai detenuti di mantenere in qualche modo i contatti con le famiglie. Fino a quando gli arrestati si trovavano nelle carceri locali, genitori, fratelli, sorelle e coniugi si prodigavano nella consegna di pacchi e cibo più volte al giorno. Per quanto possibile, si cercava di garantire un supporto anche dopo il trasferimento a Capodistria. Tali opportunità diventavano occasioni, pur tra numerose difficoltà, di verificare le condizioni dei parenti internati. Gli incontri restavano comunque limitati e sottoposti al controllo delle guardie carcerarie, che potevano vietare l'utilizzo della lingua croata8.
Una modalità di comunicazione era rappresentata dalle cartoline che i detenuti avevano la possibilità di inviare saltuariamente a parenti e conoscenti. Per quanto sottoposte al controllo della censura, permettevano alle famiglie di essere parzialmente aggiornate sulle condizioni e sugli spostamenti degli internati. In tal modo, fu possibile seguire i trasferimenti in Germania, da dove, fino all'ultima fase del conflitto, i detenuti riuscirono a fare avere proprie notizie.
Da Capodistria a Neuengamme
L' 8 settembre 1943, il giorno dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati, si trovavano ancora rinchiusi nelle celle di Capodistria centinaia detenuti. Le ore e i giorni seguenti furono particolarmente convulsi e i racconti dei sopravvissuti non risultano sempre concordanti. Secondo una testimonianza, l'8 settembre circa ottanta internati vennero trasferiti a Firenze9 mentre tra il 9 e il 10 settembre, un moto popolare portò alla liberazione di alcuni detenuti locali10. Le forze tedesche arrivarono in città in quelle stesse ore.
Il 13 settembre circa 350 tra i detenuti del carcere di Capodistria vennero caricati sui treni dalle forze di occupazione tedesche e inviati verso la Germania11. I vagoni partirono da Trieste, dove l'11 settembre i detenuti erano stati trasferiti via mare12. Le detenute furono invece trasferite a Trieste il 17 settembre e successivamente liberate13.
Un sopravvissuto ricorda con queste parole i giorni del trasferimento e l'arrivo in Germania: "il tentativo di evasione con l'aiuto dei cittadini di Capodistria non riuscì, quindi il 13 settembre i tedeschi ci portarono a Postumia, poi a Lubiana, a Fürstenberg, a Berlino, e da lì verso Amburgo, a Neuengamme. Durante il viaggio fummo seviziati, a Fürstenberg ad esempio fummo costretti a fare esercizi fisici tutto il giorno"14. Secondo lo stesso testimone, la permanenza nel campo per prigionieri di guerra di Fürstenberg (molto probabilmente lo Stalag III-B) durò sei giorni, prima di essere trasferiti verso la destinazione finale: il campo di concentramento di Neuengamme15. La documentazione conservata presso l'International Tracing Service conferma il percorso ricostruito nelle testimonianze, anche se le date di arrivo variano leggermente. Alcune schede indicano la partenza del 13 settembre e l'arrivo a Neuengamme il 24 dello stesso mese16. Altri internati invece risultano registrati a Neuengamme solo il 27 settembre17.
Il campo centrale del complesso concentrazionario di Neuengamme si trovava sull'Elba, poco fuori Amburgo. Ad esso faceva riferimento un sistema di sottocampi molto articolato (divennero 85 entro la fine della guerra), istituito primariamente per sostenere attraverso il lavoro degli internati importanti progetti industriali di carattere militare. Secondo recenti studi, i lavoratori forzati impegnati nel sistema di sottocampi di Neuengamme furono circa 40.000, tra i quali 13.000 donne18.
I civili jugoslavi vennero distribuiti nel campo principale e nei diversi sottocampi, come ad esempio presso la ferriera di Drütte o a Braunschweig19. Le condizioni di lavoro e quelle di vita risultavano particolarmente dure. Una delle vittime della doppia deportazione ricordò: "A Neuengamme dovevamo caricare i vagoni di argilla e spingerli in quattro di noi. La sera, dalle 4 - 5, dovevamo stare in piedi con il peggiore freddo per essere contati. Non si trattava solo di contarci, ma di seviziarci. Eravamo vestiti in modo leggero e tremavamo dal freddo"20. Nei mesi successivi i detenuti provenienti da Capodistria vennero ulteriormente smistati e i loro destini si separarono. Tra di loro, alcuni, furono trasferiti in altri campi, altri furono ad esempio inviati a lavorare alla rimozione delle macerie in città come Amburgo21.
L'evacuazione e il destino degli internati
Nell'aprile 1945 venne ordinata dalle autorità del Reich l'evacuazione del campo principale e dei sottocampi di Neuengamme. Tra il marzo e il maggio di quell'anno i tassi di mortalità dei prigionieri crebbero molto rispetto al periodo precedente. Le condizioni d'internamento erano peggiorate sensibilmente e già a partire dalla fine del 1944 molte famiglie di internati avevano smesso di ricevere cartoline dalla Germania. Le operazioni che portarono alla chiusura di Neuengamme entro i primi di maggio del 1945 determinarono un aumento esponenziale dei decessi, favorito da un'evacuazione sbrigativa, organizzata attraverso marce forzate, trasporti su treni e via nave22.
L'episodio probabilmente più drammatico si svolse tra la fine di aprile e l'inizio maggio, quando circa 9.000 prigionieri vennero trasportati dal campo principale alla baia di Lubecca e imbarcati su diverse navi. Il 3 maggio le navi furono attaccate dalle forze aree inglesi della RAF e due di esse vennero affondate23. L'episodio costò la vita a circa 6.600 internati, tra i quali è accertata la presenza di alcuni tra gli internati provenienti dal carcere di Capodistria24.
La stima dei sopravvissuti alla doppia deportazione da Capodistria a Neuegamme resta di difficile valutazione. Le testimonianze raccolte a pochi mesi dalla fine delle ostilità restituiscono un quadro molto incerto, dovuto al fatto che all'epoca molte persone risultavano ancora disperse. Alcuni ex-internati vennero trasferiti in Svezia dagli Alleati, dove ottennero assistenza medica e da dove - anche grazie all'intervento della Croce Rossa - poterono riprendere contatto con le proprie famiglie25. Altri cercarono di rientrare nella Jugoslavia liberata, che cominciarono a raggiungere tra il giugno e il luglio del 194526. Ci fu chi riuscì a ritornare a casa soltanto a fine agosto27.
Marco Abram (2018)
Đuro Đurasković, Nikola Živković, Jugoslovenski zatočenici u Italiji, Institut za savremenu istoriju, 2001, pp.78-79.
Dichiarazione di Albert Valenčić su Branko Valenčić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105,k. 19.
Radule Butorović, Sušak i Rijeka u NOB, Rijeka, 1975, pp.247-251.
Dichiarazione di Dinko Brazzoduro, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 14.
Dichiarazione di Ivanka Ježić su Krunoslav Ježić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 14.
Richiesta del decreto di citazione a giudizio del Tribunale, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 32.
Come nel caso di Roko (Rocco) Baffo, cfr. la dichiarazione di Sofija Baffo, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 14.
Dichiarazione di Marija Kučan su Anton Kučan, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 14.
Dichiarazione di Josip Zambeli su Emil Lopac, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 31. Secondo la dichiarazione di Dinko Brazzoduro su Ban Kazimir il trasporto verso Firenze venne organizzato il giorno prima, il 7 settembre, cfr. Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 19.
Vlasta Beltram, Carceri capodistriane, Capodistria, 2008, p.15.
Dichiarazione di Dinko Brazzoduro su Pavao Polić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 31; Dichiarazione di Josip Zambeli su Emil Lopac, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 31;Dichiarazione di Lotti Ulčakar su Gjuro Ulčakar, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k.20.
Scheda Alber Modrčin, Archivio di Stato croato, Zagabria, "Zemaljska komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača NRH Zagreb" [Commissione nazionale per l'accertamento dei crimini degli occupanti e dei loro collaborazionisti Repubblica popolare di Croazia Zagabria], HR-HDA-306, k. 644. Dichiarazione di Marija Stipančić su Stjepan Galetović, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k.14.
Vlasta Beltram, Carceri capodistriane, Capodistria, 2008.
Dichiarazione di Dinko Brazzoduro su Pavao Polić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 31
Dichiarazione di Dinko Brazzoduro su Ćedomir Vranić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105,, k. 32
International Tracing Service ITS, Bad Arolsen, DE ITS 1.1.30.0 Archivnummer: 82138898; DE ITS 1.1.30.0 Archivnummer: 82138886
International Tracing Service ITS, Bad Arolsen, DE ITS 1.30.2 Archivnummer: 3458690; DE ITS 1.1.30.2 Archivnummer: 3427490.
Marc Buggeln, Slave Labor in Nazi Concentration Camps, Oxford University Press, Oxford, 2014, pp.1-2.
Scheda Božo Modrčin Archivio di Stato croato, Zagabria, "Zemaljska komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača NRH Zagreb" [Commissione nazionale per l'accertamento dei crimini degli occupanti e dei loro collaborazionisti Repubblica popolare di Croazia Zagabria], HR-HDA-306, k. 644. Dichiarazione di Marija Stipančić su Stjepan Stipančić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 20.
Dichiarazione di Dinko Brazzoduro su Pavao Polić, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 31
Dichiarazione di Dinko Brazzoduro su Emil Lopac, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 31; International Tracing Service ITS, Bad Arolsen, DE ITS 1.1.30.0 Archivnummer: 82138886.
Marc Buggeln, Slave Labor in Nazi Concentration Camps, Oxford University Press, Oxford, 2014, pp. 266-276.
Marc Buggeln, Slave Labor in Nazi Concentration Camps, Oxford University Press, Oxford, 2014, p. 275.
Scheda Virgilio Marohnić e scheda Alber Modrčin, Archivio di Stato croato, Zagabria, "Zemaljska komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača NRH Zagreb" [Commissione nazionale per l'accertamento dei crimini degli occupanti e dei loro collaborazionisti Repubblica popolare di Croazia Zagabria], HR-HDA-306, k. 644; International Tracing Service ITS, Bad Arolsen, DE ITS 5.3.2 Archivnummer 84616895. Qualcuno sopravvisse al naufragio, come Joakim Čargonja, cfr. International Tracing Service ITS, Bad Arolsen, DE ITS 1.30.0 Archivnummer: 82138885.
Dichiarazione di Lotti Ulčakar su Gjuro Ulčakar, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k.20. Scheda Fabijan Frgačić, Archivio di Stato croato, Zagabria, "Zemaljska komisija za utvrđivanje zločina okupatora i njihovih pomagača NRH Zagreb" [Commissione nazionale per l'accertamento dei crimini degli occupanti e dei loro collaborazionisti Repubblica popolare di Croazia Zagabria], HR-HDA-306, k. 644.
Dichiarazione di Dinko Brazzoduro, Archivio di Stato di Fiume, Fiume, Okružna komisija za utvrđivanje ratnih zločina – Sušak [Commissione distrettuale per l'accertamento dei crimini di guerra – Sušak], HR-DARI-105, k. 14.
International Tracing Service ITS, Bad Arolsen, DE ITS 3.1.1.1 Archivnummer: 69563622
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Campo tedesco per prigionieri di guerra. Le condizioni di vita negli stalag erano molto diverse a seconda della nazionalità dei prigionieri (alleati, sovietici, internati militari italiani, ecc.).
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I Gemeinschaftslager, così come i Wohnlager, erano lager non sorvegliati per lavoratori stranieri, mentre gli Arbeitslager erano sorvegliati. In genere solo per questi ultimi si utilizza il concetto di lavoro forzato, ma attualmente gli storici tendono a rivedere decisamente il concetto di lavoro forzato estendendolo a rapporti di lavoro che solo apparentemente sono liberi ma che di fatto erano forzati. In particolare la discussione attuale tende ad orientarsi verso un concetto di lavoro forzato che comprende questi tre elementi distintivi:
- dal punto di vista giuridico l'impossibilità per il lavoratore di sciogliere il rapporto di lavoro,
- dal punto di vista sociale le limitate possibilità di influenzare significativamente le condizioni del proprio impiego,
- una tasso di mortalità elevato che indica un carico di lavoro superiore alla media e una disponibilità di mezzi di sostentamento inferiore al bisogno effettivo.
si veda [https://www.bundesarchiv.de/zwangsarbeit/geschichte/auslaendisch/begriffe/index.html]
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.
I campi di rieducazione al lavoro AEL furono creati a partire dal 1940 dalla Gestapo con l'obiettivo di "rieducare" le persone accusate di atti di sabotaggio industriale o ritenute per qualche motivo "riluttanti" al lavoro. Di fatto, questi campi furono anche uno strumento di sfruttamento del lavoro forzato. Si calcola che in Germania e nei territori occupati abbiano funzionato circa 200 Arbeitserziehungslager e che vi siano state imprigionate circa 500 mila persone.
Durante la Seconda guerra mondiale i tedeschi formarono delle unità di prigionieri di guerra denominate Bau-und Arbeits Battalion (abbreviato in B.A.B). I B.A.B erano composti in media da circa 600 prigionieri destinati al lavoro. La particolarità di queste unità stava nella loro mobilità: a differenza dei prigionieri degli Stalag, non erano destinate a un luogo specifico ma dislocabili sul territorio in base alle necessità del momento.
La I.G. Farben venne fondata nel 1925 dall'unione di diverse industrie tedesche. Durante la Seconda guerra mondiale fu la principale industria chimica della Germania nazista.
La I.G. Farben è stata tra le industrie che più hanno fatto ricorso al lavoro forzato, in particolare nella costruzione degli impianti di Auschwitz.
I dirigenti della I.G. Farben furono tra gli imputati del processo di Norimberga del 1947/48.
Alla fine della guerra, gli alleati decisero di smembrare l'industria ricostituendo le aziende che l'avevano inizialmente fondata.
Gli Arbeitskommando erano campi di lavoro per prigionieri di guerra catturati dai tedeschi. Composti di solito da qualche centinaio di prigionieri, erano dislocati nei pressi del luogo di lavoro (fabbriche, miniere, agricoltura, ecc.). L'amministrazione era demandata a uno Stalag (campo per prigionieri di guerra) principale. Da uno Stalag potevano dipendere anche diverse centinaia di Arbeitskommando. Gli Arbeitskommando dei prigionieri di guerra alleati venivano regolarmente visitati dai rappresentanti della Croce Rossa.
L’Ispettorato Militare del Lavoro è stata una organizzazione nata nell’ottobre del 1943 allo scopo di inquadrare lavoratori da impiegare per costruire strutture per la difesa del territorio della RSI e per riparare i danni dei bombardamenti aerei. Conosciuta anche come “Organizzazione Paladino”, dal nome del suo ideatore e comandante, giunse a inquadrare alcune decine di migliaia di uomini, operando in stretto contatto, e alle volte alle dirette dipendenze, dei tedeschi.
L’organizzazione Todt nacque in Germania alla fine degli Trenta, allo scopo di organizzare la forza lavoro per la costruzione di installazioni militari. Ideata e diretta da Fritz Todt fino alla sua morte (1942), durante la guerra venne utilizzata per lo sfruttamento dei lavoratori coatti nei paesi occupati dalla Germania. In Italia ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione delle linee di difesa lungo l’Appennino per la Wehrmacht, inquadrando decine di migliaia di uomini.
Nato a Scilla (Reggio Calabria) nel 1890, si era arruolato volontario nel corpo del Genio telegrafisti nel 1907. Nel 1908 raggiunse il grado di sergente, con il quale partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1914 fu promosso sottotenente e durante la Prima Guerra Mondiale fu promosso capitano. Rimasto sotto le armi, nel 1932 raggiunse il grado di tenente colonnello. Nel 1936 partecipò alla Guerra d’Etiopia durante la quale fu promosso a colonnello.
Nella Seconda Guerra Mondiale partecipò alla campagna di Grecia, per poi tornare in Italia, assegnato al corpo d’Armata di Bolzano. Nel 1942 fu promosso a generale di brigata. Dopo l’armistizio aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la quale creò l’Ispettorato Militare del Lavoro.
Posto in congedo assoluto nel 1945, nel 1970 gli fu conferito il grado onorifico di generale di divisione.
Morì nel 1974.
Fritz Sauckel, nato nel 1894, era un Gauleiter (capo locale) del partito nazista. Nel 1942 fu nominato plenipotenziario per la distribuzione del lavoro in tutti i territori occupati dalla Germania. In pratica, era il responsabile del reclutamento forzato della manodopera per il lavoro coatto. In Italia la sua organizzazione cercò, con scarsi risultati, di rastrellare centinaia di migliaia di uomini da portare nel Reich. Fu processato a Noriberga e condannato a morte, condanna eseguita nel 1946.
Albert Speer, nato nel 1905, era un architetto con ottimi rapporti personali con Adolf Hitler. Pur non essendo un fervente nazista, era stato l’artefice delle scenografie delle parate del Partito, assicurandosi la stima e la fiducia del dittatore. Nel 1942, dopo la morte di Fritz Todt, fu nominato ministro per la produzione bellica, a cui era sottoposta la Organizzazione Todt. Fu processato a Norimberga e condannato a venti anni di carcere. E’ morto a Londra nel 1981.
Fritz Todt era un ingegnere tedesco, responsabile, negli anni Trenta, della costruzione del sistema autostradale voluto da Hitler. Alla fine degli anni Trenta creò l’Organizzazione Todt, che aveva lo scopo di fornire la forza lavoro per la costruzione delle linee difensive lungo il confine con la Francia. Durante la guerra la sua organizzazione gestì lo sfruttamento del lavoro coatto nei territori occupati. Morì a causa di incidente aereo nel 1942.